Come dire: a cinquant'anni un pittore sfodera i pennelli dell'età giovanile (che pur avevano dato ottime prove) e si ritrova quasi in una situazione di aurorale slancio, inserita (ma non frenata) dall'esperienza e dalla meditazione degli anni. Stupefacente !
Ci preme, almeno per ora, saltare tutta la preistoria di Donnino Rumi, cioè i quadri ante-1925, eseguiti a meno di vent'anni (era nato il 1906 a Bergamo) e anche quelli del decennio successivo, più radi proprio per ragioni di lavoro. Vale appunto voltar pagina, sapendolo intento in tutt'altra attività (l'industria di fonderia del padre) ma non dimenticando che si trovava in una specie di tensione: attento sempre alle cose dell'arte, pronto ad una ripresa che sarebbe venuta più tardi, ad età già matura, verso i cinquant'anni. La sua arte ha molte pagine che paiono vuote; ma è un vuoto apparente, di silenziosa preparazione. Non può non esser così, tale è la sicurezza - autentica sicurezza da spadaccino nato - con cui si concreta la ripresa, già in alcuni quadri del '48-49, ma più splendidamente nella serie a partire dal '57.
Che cosa ha "incubato" Rumi nel lungo silenzio ? Quale carica di cultura, quale scatto emotivo, quale somma di valori non soltanto estetici ?
Cerco appunto, criticamente, di tracciare diagrammi, di allacciar rapporti, di identificare matrici stilistiche. La storia, con il suo enorme bagaglio di esperienza umana, è dietro questi quadri, li riscalda, li accende. Parto da alcune impressioni immediate.
La cultura francese degli anni Settanta mi balza subito avanti. I due poli sono Daumier e Manet. Ecco del primo quel senso amaro, persin grottesco, dell'esperienza umana: pittura di sfondo realistico, ma mossa e quasi avviluppata dalle contraddizioni di una società in fermento (Zola, Victor Hugo). Forse non a caso Rumi s'è "appoggiato" a questo clima storico, in quanto lo trovava singolarmente simile a quello italiano negli anni Cinquanta: denso di inquietudini e di pruriti sociali e culturali (e del resto la letteratura del tempo della Comune parigina è ricca di questi temi).
Di Manet è invece quella straordinaria introspezione psicologica nata da "Olympia" e sfociata in tutta una serie di quadri che affondano quasi il bisturi nelle piaghe di una umanità ricolma di malessere. Certi nudi di Rumi sono desunti dal clima culturale di Manet, come certi ritratti di trequarti degli stessi anni derivano dalla lezione di Daumier (basterà citare Il pittore e la modella
del 1963) ....